Non ero mai stata a Roma.
Chiunque venisse messo al corrente di questa tremenda realta' rimaneva choccato, e mi guardava incredulo, segnali di disapprovazione percepibili come un'aura.
Ora e' fatta, sia pure soltanto per qualche misero giorno, ed in superficie, ho visto Roma. Una volta riuscita a sfuggire al meccanismo turistico infernale del vediamo - tutto - il - possibile - perche' - il - tempo - e'- poco - e - soprattutto - spostiamoci - SOLO - a - piedi - niente - mezzi - , meccanismo che ha contribuito a distruggermi rapidamente le caviglie ma anche a farmi vedere le attrazioni turistiche principali, mi sono spostata da sola, lasciandomi trasportare, come unica traccia uno dei capitoletti a caso del libro "101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita" (Ilaria Beltramme, Newton Compton), che dava un inizio alla giornata.
E' cosi' che ho bevuto uno dei - si dice - migliori tre caffè di Roma al Gran Caffè di Piazza Sant'Eustachio, ho lungamente comunicato con un gatto romano guerriero nell'Antico Ghetto, ho bevuto alla Fontana dei Libri accanto alla Sapienza, ho gustato la cucina romana contaminata dalla tradizione giudaica a San Lorenzo, mi sono commossa a San Luigi dei Francesi non solo per la vista di tre Caravaggio le cui pugnalate di luce trovano anche ora un'eco nelle mie cornee, ma anche per le lapidi a memoria dei diplomatici e cittadini comuni francesi morti fuori dalla loro Patria per aver lottato contro il fascismo.
Nell'Antico Ghetto ho condiviso L'Elogio della Lentezza della Fontana delle Tartarughe, sono poi caduta per caso su di un Cristo Redentore di Michelangelo, che pudicamente e strategicamente "rivestito" fa la guardia al sepolcro di Santa Caterina da Siena in Santa Maria sopra Minerva, dove sono entrata seguendo le tracce di Stendhal.
Sopra ogni cosa l'ocra mediterraneo, distillato dal calore asciutto in varie sfumature, unito allo splendido abbandono di molti edifici del centro storico, mi ha commossa. I rampicanti che abbelliscono anche i muri piu' sciupati, i vicoli. Il fresco dell'ombra anche nell'apice della calura del dopo pranzo. L'acqua.
L'acqua monumentale udita e percepita durante un aperitivo subito dopo il tramonto al Gianicolo, proveniente dalla Fontana Paola, quella delle fontanelle umili e provvidenziali ricoperte di muschio, quella dall'eco "Marcelloooo ! Come here !" della Fontana di Trevi, perso nella puzza caotica della varia umanita' sudata e stanca ed accalcata (mai come in questo viaggio ho pensato al senso del libro Il Profumo di Suskind, e mi sono spaventata da sola per le affinita' - olfattive e non - di repulsione per la volgarita' umana, che mi hanno accomunato al protagonista ...).
Qualche traccia di questo, e di altro, l'ho fotografata e si trova qui.
... ma ecco, all fine di tutto c'e' un grave problema : Roma non e' una citta' da vivere da soli. Ho sentito acuto, e sofferente, il senso di solitudine. Le vibrazioni nell'aria mi pervenivano cosi', e' una citta' che non ti "vuole", se sei solo.
Ho gettato anch'io una monetina, facendo il voto silenzioso di non ritornare a Roma cosi' sola, per placare cosi' gli Dei e fare si' che mi lasciassero in pace.
Chiunque venisse messo al corrente di questa tremenda realta' rimaneva choccato, e mi guardava incredulo, segnali di disapprovazione percepibili come un'aura.
Ora e' fatta, sia pure soltanto per qualche misero giorno, ed in superficie, ho visto Roma. Una volta riuscita a sfuggire al meccanismo turistico infernale del vediamo - tutto - il - possibile - perche' - il - tempo - e'- poco - e - soprattutto - spostiamoci - SOLO - a - piedi - niente - mezzi - , meccanismo che ha contribuito a distruggermi rapidamente le caviglie ma anche a farmi vedere le attrazioni turistiche principali, mi sono spostata da sola, lasciandomi trasportare, come unica traccia uno dei capitoletti a caso del libro "101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita" (Ilaria Beltramme, Newton Compton), che dava un inizio alla giornata.
E' cosi' che ho bevuto uno dei - si dice - migliori tre caffè di Roma al Gran Caffè di Piazza Sant'Eustachio, ho lungamente comunicato con un gatto romano guerriero nell'Antico Ghetto, ho bevuto alla Fontana dei Libri accanto alla Sapienza, ho gustato la cucina romana contaminata dalla tradizione giudaica a San Lorenzo, mi sono commossa a San Luigi dei Francesi non solo per la vista di tre Caravaggio le cui pugnalate di luce trovano anche ora un'eco nelle mie cornee, ma anche per le lapidi a memoria dei diplomatici e cittadini comuni francesi morti fuori dalla loro Patria per aver lottato contro il fascismo.
Nell'Antico Ghetto ho condiviso L'Elogio della Lentezza della Fontana delle Tartarughe, sono poi caduta per caso su di un Cristo Redentore di Michelangelo, che pudicamente e strategicamente "rivestito" fa la guardia al sepolcro di Santa Caterina da Siena in Santa Maria sopra Minerva, dove sono entrata seguendo le tracce di Stendhal.
Sopra ogni cosa l'ocra mediterraneo, distillato dal calore asciutto in varie sfumature, unito allo splendido abbandono di molti edifici del centro storico, mi ha commossa. I rampicanti che abbelliscono anche i muri piu' sciupati, i vicoli. Il fresco dell'ombra anche nell'apice della calura del dopo pranzo. L'acqua.
L'acqua monumentale udita e percepita durante un aperitivo subito dopo il tramonto al Gianicolo, proveniente dalla Fontana Paola, quella delle fontanelle umili e provvidenziali ricoperte di muschio, quella dall'eco "Marcelloooo ! Come here !" della Fontana di Trevi, perso nella puzza caotica della varia umanita' sudata e stanca ed accalcata (mai come in questo viaggio ho pensato al senso del libro Il Profumo di Suskind, e mi sono spaventata da sola per le affinita' - olfattive e non - di repulsione per la volgarita' umana, che mi hanno accomunato al protagonista ...).
Qualche traccia di questo, e di altro, l'ho fotografata e si trova qui.
... ma ecco, all fine di tutto c'e' un grave problema : Roma non e' una citta' da vivere da soli. Ho sentito acuto, e sofferente, il senso di solitudine. Le vibrazioni nell'aria mi pervenivano cosi', e' una citta' che non ti "vuole", se sei solo.
Ho gettato anch'io una monetina, facendo il voto silenzioso di non ritornare a Roma cosi' sola, per placare cosi' gli Dei e fare si' che mi lasciassero in pace.
Ha funzionato in parte.
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