Un unico post su ottobre, e per di più nell'ultimissimo giorno del mese, non sarebbe una cosa da fare per una blogger che si rispetti. Ho letto ultimamente addirittura dei decaloghi con le regole per il 'blog di successo', su come acquisire e mantenere lettori, su come farsi notare dagli inserzionisti. Io testardamente continuo a vedere questa pagina come un'isola alla quale approdo ogni tanto, condivido ricette e pensieri sparsi, rivedo alcune amiche e, così come mi capita anche fuori dal virtuale, chiudo gentilmente fuori di casa pubblicità e piccoli profitti per ritrovare un posticino dove le uniche regole siano l'assenza di regole, lo humour, e la gentilezza, in un contesto positivamente internettiano.
Finisco infatti per tornare soprattutto quando intorno a me l'eccessiva presenza di personaggi laidi ed atmosfera da Sodoma e Gomorra de noàtri diventa soffocante, piu' che quando sono serena. Quando sono serena, credo di vivere di piu' nel reale, questa è la verità. Respiro.
Eccomi quindi di ritorno mentre infuria lo squallore 'bunga-bunga', e nello stesso tempo mentre vivo e respiro, dopo aver preso un pò più di un mese fa la decisione di lasciare il lavoro che negli ultimi tredici anni aveva finito per costringermi alla mera sopravvivenza, spegnendo progressivamente quello che sono, ogni lucina negli occhi (eh, Maria ??), ogni sonno ristoratore, ogni curiosità, ogni gioia. Vorrei poter essere meno sensibile al contesto in cui vivo (bunga-bunga) e lavoro, essere capace di schermi e di adattamento ai personaggi tronfi e/o stupidi che abusano al quotidiano del loro piccolo potere provinciale, ma purtroppo no, sono solita sentire ed ascoltare, elaborare e ragionare, pensare e proporre, e quindi non sono adatta al concetto 'l'azienda non e' una democrazia' (tanto piu' se è oramai evidente che esso porti direttamente contro un muro), ne' posso subire senza reazioni la convivenza con la stupidità volgare, compiaciuta e grassa, eppure instabile e insicura. Non mi sento migliore, ma sono sicuramente diversa. E ne sono felice. Je pilote ma vie à nouveau (n'est-ce pas, François ? :)).
Venerdì scorso cena a casa di Luisa, con Anna. Quanto mi e' piaciuta questa serata, di risate e scrollate reciproche e commozione !
Antipasto di splendide tigelle 'stampate' e mortadella, nella migliore tradizione romagnola, evidenziata fin da subito dalla tovaglia tipica, nella versione blu che e' la mia preferita. Piatto principale originale, di patate farcite ai funghi ed avvolte in una copertina di prosciutto croccante, con misticanza condita da olio buono. Tutto gustosissimo, malgrado i timori della padrona di casa, che sperimenta sempre cose nuove il giorno della cena, per poi spaventarsi in corso d'opera delle incognite.
Ho portato il cake che dà il titolo a questo post, la cui ricetta ho letto nel penultimo numero di Saveurs, e che si esprime al suo meglio con un tè, o ancora meglio con una quenelle di gelato alla vaniglia.
Occorrono :
100 gr pistacchi non salati - 150 gr zucchero semolato, piu' un cucchiaio - 110 gr burro fuso raffreddato (io ne ho messi 90 gr) - 2 uova - 125 gr yogurt naturale intero - 2 cucchiai di acqua di fiori d'arancio - 150 gr farina 00 - 1 bustina di lievito per dolci - semi di papavero (facoltativi).
Preriscaldare il forno a 180°, far fondere dolcemente il burro nel microonde, tritare i pistacchi insieme al cucchiaio di zucchero (più o meno finemente a seconda che si desideri che i pezzetti si sentano oppure no).
Con una frusta sbattere insieme uova, zucchero e yogurt. aggiungere l'acqua di fiori d'arancio, e a seguire la farina setacciata col lievito. In ultimo unire il burro fuso, ed i pistacchi tritati.
Mescolare bene, e versare l'impasto in uno stampo da cake imburrato e foderato di semi di papavero. Cottura in circa 45 minuti, gli ultimi dieci coprendo con della carta da forno per non rischiare che la superficie si colorisca troppo. Aspettare 10 minuti prima di togliere dallo stampo, e poi lasciare raffreddare su una gratella. Spolverare di zucchero a velo come tocco finale.